domenica 30 dicembre 2012

San Paolo sparita... La Vasca Navale Nazionale

 Tra il 1927 e il 1929 viene edificato al centro della grande ansa formata dal Tevere nei pressi della Basilica di San Paolo il complesso della "Vasca nazionale per gli esperimenti di architettura navale", struttura destinata alla sperimentazione e collaudo dei modelli di carene e di eliche prodotti dall'industria navale italiana.


Sin dalla seconda metà del XIX secolo, le nazioni marittime più avanzate sentono la necessità di organizzare le proprie flotte, istituendo studi sperimentali basati sulla legge di Newton riguardante la “similitudine meccanica”. Queste teorie sono sviluppate dall’ingegnere navale inglese William Froude, il quale costruisce fin dagli anni ’70 dell’800 le prime vasche navali per prove dei modelli di carene e di eliche. Ogni vasca navale costruita nelle varie parti del mondo, dopo quella istituita da Froude a Torquay nel 1874, presenta alcuni basilari elementi in comune: un lungo bacino rettangolare di acqua dolce nel quale il modello della carena viene rimorchiato mediante un carrello mobile che scorre sopra rotaie e che viene trascinato alla velocità desiderata per mezzo di un cavo metallico. Fra il carrello e l’imbarcazione sono inseriti gli strumenti per la misurazione della resistenza.



In Italia la prima vasca navale viene costruita a La Spezia. Quest’ultima diviene non soltanto il vanto della Marina Italiana, ma anche il fiore all’occhiello dell’operato dell’ing. Giuseppe Rota che la diresse per molti anni. La Vasca Nazionale, sorta a Roma per volontà di Mussolini tra il 1928 ed il 1929, e diretta dallo stesso ing. Rota, diviene in buona sostanza la continuazione quasi nostalgica della ricerca appassionata condotta presso la Vasca sperimentale spezzina, come traspare tra le righe del sostanzioso carteggio intercorso tra l’ingegnere e i vari Ministeri. A favore dell’istituto romano vengono messi a disposizione alcuni tra i più celebri specialisti di altre vasche europee.



La vasca venne progettata dall'ingegnere Cesare Leoni: i 17 disegni realizzati da Leoni, in collaborazione con la ditta costruttrice “Ferrobeton”, sono datati 28 settembre 1927 ed approvati nel marzo del 1928, data presumibile di inizio della costruzione della Vasca. I disegni esecutivi del prospetto di facciata e del profilo longitudinale (ASC, prot. 23695, titolo I.E.), rispecchiano per grandi linee la tipologia delle vasche navali di tipo europeo, con l’eccezione della copertura a volta e del diverso profilo e profondità del bacino.

La Vasca Navale Nazionale si articolava in due corpi di fabbrica: il lungo capannone delle officine in direzione est-ovest, preceduto dalla vera e propria vasca di prova, e la palazzina degli uffici posta all’estremità orientale.


Per quanto riguarda la palazzina degli uffici, i vari prospetti denunciano, soprattutto in virtù dei partiti decorativi, con pigne lungo le balconate a ringhiera, una vicinanza stilistica con i villini costruiti nel quartiere Prati da Enrico Del Debbio. Tali motivi decorativi sono andati perduti durante l’opera di restauro e ripristino, in quanto in pessimo stato di conservazione.



In particolare i disegni relativi alla “corografia del terreno adiacente alla Vasca, dei fossi di scolo e del loro sbocco nel Tevere”, denunciano, sin dagli inizi, una particolare attenzione da parte dei costruttori e dei progettisti sui problemi di pompaggio e di scarico dell’acqua del bacino, attenzione riconfermata da un ulteriore disegno pubblicato sugli Annali della Vasca (1931) che illustra i risultati di uno studio sui diversi strati del sottosuolo, posti a paragone con i prelievi contemporaneamente attuati presso il Gazometro. Tali problemi fanno poi da leitmotiv nella corrispondenza tra il direttore e i vari dicasteri, dove l’ing. Rota denuncia l’impossibilità di caricare e scaricare le ingenti quantità d’acqua in un tempo ragionevole. Inoltre si evidenziano presto anche delle carenze nella struttura portante, finché, nel 1973, si verifica una lesione in alcuni sostegni, che determinano col tempo il crollo della parte centrale della copertura a volta, fatto che determina l’immediata chiusura dell’impianto (Conservatoria, Comune di Roma, pos. 1193/1-A).


Attualmente all’interno del laboratorio sono ancora conservati i piani di lavoro della falegnameria, con a fianco le macchine di oscillazione, il carro dinamometrico, ancora piazzato con le sue grandi ruote ai limiti del bacino, il lungo binario di scorrimento del carro sopra il quale è visibile la data, il luogo di fabbricazione e il tipo di macchinario (“Piombino – 1928 – X – FS.46.3 – MB”). Sono inoltre ancora in situ parte dell’apparecchiatura elettrica e un carroponte per il sollevamento delle imbarcazioni fino al bacino. Almeno una parte di queste testimonianze della tecnologia degli anni ’30 potrebbero essere conservate negli spazi attrezzati fra la Vasca e la palazzina degli uffici.


        

        

Un eccezionale e bellissimo documentario del 1952, "300 Metri di Mare", ci consente di rivivere con estrema immediatezza e vivo realismo le attività di sperimentazione e collaudo condotte all'interno della Vasca Navale Nazionale in un periodo di piena attività dello stabilimento:


Nel 1982 una lesione ad alcuni sostegni determina il crollo della parte centrale della copertura in cemento armato del complesso, chiuso ormai dal 1974.

Da diversi anni la palazzina degli uffici ospita il Dipartimento di Ingegneria Civile; più recente è invece il recupero delle strutture produttive, solo in parte completato.

Il Dipartimento di Progettazione e studio dell’architettura (DIPSA) dell’Università Roma Tre, coordinato dal Prof. Andrea Vidotto, ha curato l’intervento di ristrutturazione ed ampliamento dell’ex Vasca Navale destinata ad ospitare i Dipartimenti di Ingegneria dell’Università Roma Tre.

La nuova struttura prevede sale studio e di ricerca per docenti e studenti, aule e uffici oltre ad un’aula magna per proiezioni ed eventi.

L’intervento ha seguito alcuni criteri guida: la struttura della Vasca è stata recuperata, collocando al suo interno funzioni diverse ma compatibili con le dimensioni e la configurazione; il nuovo edificio è stato suddiviso in parti autonome con l’ausilio dei corpi scala e degli ingressi e sono state impiegate risorse rinnovabili.

L’intera struttura mantiene una forte caratterizzazione lineare. Essa viene suddivisa in segmenti trasversali relativamente autonomi per rispondere sia ai vincoli posti dalle normative di sicurezza antincendio sia alla necessità di rafforzare le strutture portanti, la gestione autonoma degli impianti e la facilitazione delle vie di esodo. L’uso di risorse rinnovabili, ovvero l’impiego generalizzato degli effetti dell’irraggiamento solare negli ambienti interni, conduce a privilegiare al massimo l’illuminazione naturale attraverso finestre, lucernari e camini solari, ad impiegare idonee schermature esterne, nonché sistemi di ventilazione naturale e celle fotovoltaiche sulla copertura.

Il primo lotto funzionale si concentra su 140 metri dell’intera struttura che ne misura complessivamente 317 e si compone di due sezioni.

Il corpo A, di circa 50 metri, corrispondente all’edificio originariamente utilizzato come varo dei modelli delle carene, è organizzato su tre livelli e destinato all’ampliamento della sede di Ingegneria Civile. La copertura originaria è stata demolita per essere ricostruita con una struttura in acciaio della stessa forma e della stessa altezza della precedente. Al primo e al secondo piano sono distribuiti ambienti di studio per docenti e sale di lavoro per unità di ricerca con diverse modalità di organizzazione. Il carro dinamometrico è stato conservato e una parte di Vasca nuovamente riempita d’acqua.

Il corpo B del primo lotto funzionale corrisponde, invece, alla parte dell’intervento in cui l’ampliamento della sezione, per altezza e larghezza, è più evidente. Gli spazi si articolano su quattro livelli fuori terra a sud e su tre a nord e sono destinati ai dipartimenti di Ingegneria e ad un’aula per proiezioni e convegni con caratteristiche speciali. Gli ingressi sono disposti lungo il lato nord e conducono al percorso longitudinale principale, una strada interna concepita come spazio di relazione e di distribuzione orizzontale che porta anche ai collegamenti verticali ed è scandita, a intervalli regolari, dai setti strutturali. Sulla facciata a sud emerge la distinzione tra i due piani inferiori del basamento e quelli superiori schermati dai frangisole.

La parte del progetto, di prossima realizzazione, si porrà in continuità con il corpo B, mentre nell’ultimo tratto, più breve, riproporrà la sagoma e la fisionomia dell’edificio originario verso via della Vasca Navale

Il progetto per l’intero complesso risale al 2001 e l’approvazione in conferenza di servizi all’aprile 2002. Nel 2007 sono stati effettuati l’aggiornamento funzionale e la parziale revisione del progetto con la divisione della fase attuativa in due lotti distinti. Nel 2009 è iniziata la prima fase dei lavori in seguito ad una gara esperita con le modalità dell’appalto integrato. Il progetto è stato redatto dal Dipartimento di Progettazione e studio dell’architettura (DIPSA) dell’Università degli Studi Roma Tre. Responsabile scientifico e coordinatore è Andrea Vidotto.

Il primo lotto funzionale costuito dai corpi A e B (per un superficie lorda di 8.600 mq) è stato completato nel 2012; i lavori per il secondo lotto funzionale, che si compone del corpo C (152 m.) e del corpo D (25 m. ca.), devono essere ancora avviati.

Per ulteriori approfondimenti sui progetti di riuso degli spazi industriali dell'Ostiense da parte dell'Università Roma Tre rimandiamo al post dedicato al libro Fabbriche della Conoscenza:

Clicca sull'immagine per accedere al post

Nessun commento:

Posta un commento